Il Danubio e i fiumi di Babilonia

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978-88-3613-217-1
18,00 €

Studi sulla letteratura ungherese moderna e contemporanea


Autore: Amedeo Di Francesco
Isbn: 978-88-3613-217-1
Collana: ISTER / ISSN 2612-2286
Quick Overview

Studi sulla letteratura ungherese moderna e contemporanea

Maggiori Informazioni
ISBN978-88-3613-217-1
Numero in collana07
SottocategoriaMagiaristica (Letteratura)
CollanaISTER / ISSN 2612-2286
AutoreAmedeo Di Francesco
PagineXII-208
Anno2021
In ristampa

Endre Ady (1877-1919) – il primo grande esponente del Novecento letterario ungherese – definì l’Ungheria una Traghettolandia bilicata sempre fra Oriente e Occidente poiché legata al mito della patria ancestrale euro-asiatica e allo stesso tempo attratta dalle raffinatezze europee. La confessione del Danubio (1907) è una sua dissacrante rêverie i cui versi contengono un’analisi impietosa della situazione geopolitica dell’Ungheria e dell’Europa centro-orientale. Il “dialogo” con il Danubio verte su un tema scottante in un’Europa che andava precipitando nel baratro della Prima guerra mondiale: il destino storico del suo Paese e dell’intera regione. Le sue parole sono profetiche, il risultato di quella cieca avventura lo conosciamo. Il quadro delineato allora conserverà la sua attualità nei decenni successivi. I trattati di pace generano la sindrome del Trianon. L’antica, vecchia Ungheria di Gyula Krúdy (1878-1933) non c’è più e la pur detestata Duplice Monarchia produce nostalgie immortalate nei virtuosismi di prose irripetibili nella loro bellezza. Nascono le cosiddette letterature ungheresi d’oltre confine e – fra di esse forse la più vivace e combattiva – quella ungherese di Transilvania produce con il suo dolore creativo lo Psalmus Hungaricus (1936) di Jenő Dsida (1907-1938). La dispersione viene assimilata alla cattività babilonese del popolo di Israele. L’ira, insomma, si accompagna alla preghiera, nel corso di un secolo XX che si ripete nella sua drammaticità. Il Salmo 137, divenuto icona delle diverse forme della diaspora ungherese, è rievocato nel secondo dopoguerra nelle prose di Magda Szabó (1917-2007) e di Sándor Márai (1900-1989), ma vedremo quest’ultimo, nei frangenti della Rivoluzione del 1956, meditare e pregare anche dinanzi alla Pietà vaticana di Michelangelo. Il già menzionato pendolarismo fra Oriente e Occidente – che comunque nutrì nei caffè letterari un’importante vita culturale e lo stesso l’orientalismo ungherese che si avvalse della scuola di Ignác Goldziher (1850-1921) – è tuttora avvertito nella letteratura ungherese contemporanea come un dilemma forse irrisolvibile.

Amedeo Di Francesco, già professore ordinario di Lingua e Letteratura ungherese all’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”, insegna Letteratura ungherese all’Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale. È dottore h.c. delle Università di Miskolc e Debrecen (Ungheria). È Socio onorario dell’Associazione Internazionale di Studi Ungheresi (Nemzetközi Magyarságtudományi Társaság) di cui è stato Presidente dal 1996 al 2006. Premi e onorificenze: 1994, “Premio Internazionale Sebetia-Ter per la Cultura”; 1996, “Pro Cultura Hungarica”; nel 2002 gli è stata conferita l’Onorificenza della Croce Media al merito della Repubblica di Ungheria «in riconoscimento della sua meritevole attività svolta nell’interesse della tutela e dello sviluppo delle relazioni italo-ungheresi»; nel 2006 ha ricevuto il premio “Lotz János” dell’Associazione Internazionale di Studi Ungheresi «per la sua attività scientifica, didattica, organizzativa e di traduttore nel campo della magiaristica». È membro del Pen Club ungherese.