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Nell’Atene del 323 a.C. Demostene si trova in esilio per atimia: il coinvolgimento nello scandalo arpalico ne ha determinato la condanna alla perdita dei diritti civili e lo ha persuaso a lasciare la città. Sullo sfondo Atene vive gli ultimi momenti di autentica libertà democratica: la condanna di Licurgo e del suo genos quale indizio di un sistematico tentativo di epurazione dei democratici in favore della compagine filomacedone, la morte di Alessandro, la concitata organizzazione dell’ultimo tentativo di riscossa ateniese contro Antipatro, gli scontri militari al tempo della guerra lamiaca. Sulla base di un generale clima di sospetto verso le raccolte epistolari determinato dagli studi di Richard Bentley, negli ultimi tre secoli la critica ha dubitato che questo corpus potesse risalire alla mano dell’oratore, ma negli anni Sessanta del secolo scorso Jonathan Goldstein, attraverso l’analisi della sticometria e dei riferimenti storici, ha dimostrato l’autenticità delle prime quattro lettere. Il presente volume non solo fornisce la prima traduzione in lingua italiana dell’intero epistolario, ma sulla base di nuovi elementi e di un globale riesame morfosintattico, stilistico e prosodico, avanza nuove ipotesi interpretative e alcune inedite considerazioni sull’origine delle epistole V e VI.
Irene Giaquinta (Caltagirone 1983) ha conseguito il Dottorato in Filologia greco-latina all’Università di Palermo e si è diplomata in Paleografia greca presso la Scuola Vaticana. Abilitata all’insegnamento del latino e del greco nella scuola secondaria, docente di ruolo al liceo classico, è dal 2017 assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Catania dove tiene laboratori didattici di Paleografia greca e di latino. I suoi interessi scientifici vanno dall’epistolografia alla retorica, con particolare attenzione al Nachleben dell’oratoria attica in ambito latino e alle modalità di ricezione dei modelli greci nel mondo romano.