Grammatilogia

Cosa lega un umbratile grammatico di metà Cinquecento, più volte caduto nelle maglie inquisitoriali, a un’erudita archeologia delle lettere dell’alfabeto, che si compone in scienza ‘grammatologica’? In che misura il larvato profilo religioso dell’umanista erasmiano innerva la scomposizione della scrittura nei suoi elementi primi, ordinati secondo un’organica morfologia storica? Il nodo si dipana restituendo l’opera all’orizzonte storico di un’età che vede fiorire lo studio dei geroglifici, l’arte della cifratura dei segni e della crittografia, da Della Porta a Blaise de Vigènere. Dal trattato latino che si propone qui per la prima volta in traduzione italiana, emerge infatti una concezione esoterica delle lettere, che di rado si fa aperta enunciazione, essendo ogni asserto di Nascimbeni sempre “autorizzato” dai classici. La Grammatilogia viene così a configurarsi come teoria delle lettere che rinchiudono, più che disvelare, il senso dei referenti, nel solco di una tradizione per cui “la scrittura è sovente (sempre?) servita a nascondere ciò che le era affidato” (R. Barthes, Variazioni sulla scrittura).